lunedì 18 luglio 2011

Focus - di lunedì 18 luglio 2011

Per riflettere sul corpo e l'identità: due mostre a confronto
Il Museo di Fotografia Contemporanea di Cinisello Balsamo e la Galleria Kaufmann di Milano ospitano due mostre per certi aspetti speculari in quato ci danno l'opportunità di portare il nostro sguardo - e quindi di riflettere - sul rapporto tra il nostro corpo e la sua dimensione interiore in due momenti differenti, rispettivamente, l'uno nella seconda metà del '900 e l'altro nei nostri anni. Inutile dire che tali esposizioni non fanno che ribadire l'importanza di tale tematica nell'attuale momento storico, caratterizzato da enormi cambiamenti, sia a livello ambientale, basti pensare ai problemi legati al global warning e alle cosidette tecnologie verdi, sia sul piano culturale, con l'avvento di Internet e la conseguente globalizzazione che ci pongono in rapporto con il concetto di straniero e del nostro corpo con un ambiente sempre più tecnologizzato, già enfatizzato nelle arti visive attraverso la cultura cyberpunk.
Vince

Fotografia a Cinisello Balsamo



A Villa Ghirlanda è in svolgimento un'interessante mostra fotografica nella quale sono riuniti dodici scatti di grandi autori contemporanei, come Gabriele Basilico, David Bailey, Christian Vogt, i quali, fra gli anni sessanta e settanta hanno documentato con sguardi  e modalità differenti la percezione del corpo fisico e interiore, tema centrale nella cultura del tempo.
Il corpo come linguaggio - Museo di Fotografia Contemporanea - Villa Ghirlanda - Via Fovra 10 - Cinisello Balsamo. Ingresso liberi - Orari mer, gio, ven 15-19; sab, dom 11-19; lun, mar chiuso

Si veda la scheda di approfondimento sottostante

Tra anni Sessanta e Settanta il corpo diventa un tema assolutamente centrale nell’ambito della società, del costume, della comunicazione, dell’arte. Sono anni di grande cambiamento storico e culturale, gli anni della cultura hippie, del desiderio di pace e libertà, della liberazione sessuale, del movimento femminista, e poi della contestazione studentesca, delle lotte operaie, delle utopie per la costruzione di una nuova società nella quale la sfera del pubblico e quella del privato possano coerentemente coincidere. E’ il tempo dei grandi concerti di Woodstock e dell'Isola di Wight, del living theatre, del teatro di Grotowsky, dell'Odin Teatret. In arte, è la stagione degli happening di Fluxus, della Body Art, della performance, azioni artistiche per le quali la corporeità diventa il territorio privilegiato della ricerca dell'identità, sia sul piano esistenziale che sociale.

Anche nel campo della fotografia le ricerche sul corpo si intensificano, dando il via a una vasta produzione di immagini spesso inedite dal punto di vista linguistico. Il corpo, diventato vero e proprio linguaggio per gli artisti (secondo l’espressione utilizzata da Lea Vergine nel noto libro Body Art e storie simili. Il corpo come linguaggio), per la fotografia funziona da punto di partenza per la nascita di nuovi soluzioni espressive e narrative. La presa di coscienza sul corpo coincide spesso con la presa di coscienza sulle potenzialità della fotografia stessa.

La mostra propone al pubblico dodici artisti italiani e stranieri presenti nelle collezioni del Museo che utilizzano modalità diverse per indagare il tema della soggettività, della fisicità, degli immaginari del corpo sia femminile che maschile.

Günter Brus vive la fotografia come gesto finale che fissa il dramma del corpo coinvolto in azioni fortemente espressive; Maurizio Buscarino racconta e quasi disegna attraverso il mezzo fotografico le performance teatrali di Francisco Copello; Gabriele Basilico, a noi più conosciuto come fotografo di architettura e paesaggio, affronta, non senza ironia e senso del grottesco, il corpo abbronzato come oggetto plastico, quasi finto; Guido Guidi in alcune sue prime poco note ricerche presenta in modo semplice la nudità nell’immediatezza della quotidianità; David Bailey guarda ai tatuaggi non solo come scritture ma come veri e propri mondi che nascono sulla superficie del corpo; per Eugenio Carmi il corpo femminile diventa schermo sul quale proiettare le colorate forme astratte che stanno al centro della sua ricerca pittorica; surreale e onirica è invece la dimensione nella quale si muove Leslie Krims nelle sue piccole messe in scena cariche di stupore pop; Christian Vogt allestisce brevi storie intorno al corpo attraverso dittici e sequenze; Floris Neusüss realizza fotogrammi del corpo a dimensioni naturali, facendo coincidere performance e impressione fotografica; per Paolo Gioli il corpo è terreno di una profonda sperimentazione e di verifica delle caratteristiche materiche del materiale Polaroid; Carla Cerati applica lo sguardo di una donna alle forme del corpo femminile, in contrasto con una tradizione che vuole che la donna sia oggetto dello sguardo maschile; per Paola Mattioli il corpo è luogo ideale per dar vita alla forma dell’autoritratto, momento di coscienza di sé e insieme dell’uso dello strumento fotografico.

Le opere in mostra compongono un universo complesso, molto ricco dal punto di vista delle narrazioni e dei linguaggi. La fotografia si mette alla prova a più livelli, che toccano la dimensione teatrale, letteraria, psicologica, anche sociale, e che rivelano una volta di più quanto la ricerca fotografica tra anni Sessanta e Settanta si colleghi strettamente alle istanze vivacemente portate avanti dalle neoavanguardie, prima fra tutte la Body Art.

"Il Museo di Fotografia Contemporanea prosegue con il programma di valorizzazione delle collezioni presentando una nuova mostra di opere tratte interamente dal proprio archivio -dichiara Daniela Gasparini, Presidente della Fondazione Museo di Fotografia Contemporanea e Sindaco di Cinisello Balsamo- Un patrimonio di inestimabile valore, composto da circa 1 milione e 800 mila immagini, raccolto grazie a donazioni, depositi, acquisizioni e committenze. Negli ultimi anni il Museo si è dedicato in modo particolare all'ideazione di percorsi espositivi che permettessero di rendere fruibili al grande pubblico le sue collezioni, nella convinzione che patrimonio pubblico significhi realmente patrimonio di tutti".
La scheda è a cura di Roberta Valtorta in www.undo.net




Il ritratto secondo Candice Breitz
 
Factum Kang, Candice Breitz
Un'altra interessante mostra è quella dell'artista sudafricana Candice Breitz alla Galleria Kaufmann/Repetto di Milano dove, attraverso un'installazione video di sette coppie di schermi e un trittico, vengono posti a confronto dei gemelli monozigoti per evidenziare attraverso il carattere fisico di identità le differenze insite in ognuna delle coppie (e del trittico). Differenze da cogliere nell'osservazioni di comportamenti, emozioni, ragionamenti che emergono attraverso interviste dell'artista, finalizzate a cogliere l'individualità dei personaggi e quindi a farci riflettere sul tema dell'identità e delle differenze.
Candice Breitz. Factum - Galleria Kaufmann/Repetto - Via di Porta Tenaglia 7 - Orari mar-ven 11-19.30, sab 14.30-19.30 - Ingresso libero - Fino al 29 luglio

Si veda la scheda di approfondimento sottostante
 Installation view, Candice Breitz - Factum 

Se un aspetto peculiare del concetto d’identità risiede nel suo effetto performativo, attraverso pratiche continue di rappresentazione, l'ultimo progetto che Candice Breitz  (Johannesburg 1972) propone per la mostra factum alla galleria Kaufamm/Repetto di Milano, può rappresentare a pieno titolo la concretizzazione dello scarto tra il corpo, e l'immagine che si da e si ha di se. In mostra l'artista presenta un’installazione video, composta da coppie di schermi installati al muro in cui lo spettatore può assistere a otto interviste doppie, dove i protagonisti sono tutti  gemelli eterozigoti. L'artista enfatizza l'effetto mimetico prodotto dall’affiancamento dei gemelli, vestendoli e inquadrandoli nella stessa maniera. Ad ogni singolo vengono poste diverse domande: dal rapporto con l'altro fratello, alle passioni e gli impegni della vita, dalle aspettative ai ricordi. I video pur essendo molto lunghi (ognuno infatti raccoglie circa cinquanta minuti di intervista), permettono allo spettatore di inserirsi in qualsiasi momento del racconto in maniera fluida: grazie al montaggio infatti  l'artista riesce a far emergere ad ogni singola domanda i comportamenti adottati dai protagonisti, svelando le diverse reazioni.
Esempi ed esperienze prese da tutto il mondo si alternano: dai racconti di Hanna e Lauri  Kang, che ci parlano della difficile crescita nelle restrizioni della religione coreana, alle gemelle Pauline e Mary che si affrontano a colpi d’intelIigenza e vanità, all'unica trilogia che vede protagoniste le  sorelle Tang immerse nel business della moda. Candice Breitz ci mostra in questo modo come fare della differenza qualcosa che apre uno spazio di soggettività intensiva, di aumento della consapevolezza e della percezione. Il suo è uno sguardo su una corporeità in divenire che va oltre i confini dell'io e che ci lega in una rete d’incontri dove le parti si contaminano e influenzano. Nella project room della galleria è esposto The Character (2011): un progetto che la Breitz ha concepito mostrando a un gruppo di bambini indiani, differenti produzioni cinematografiche Bollywodiane, entrambe che vedevano come protagonista un giovane eroe in difficoltà. Il risultato del lavoro è un video in cui l’artista fornisce le diverse reazioni dei bambini nei confronti delle pellicole.
La forza del lavoro si evince nella restituzione di comportamenti stereotipati che i bambini rintracciano nei diversi protagonisti dei film. Costruire un progetto educativo intorno a queste evidenze significa guidare a consapevolezza la domanda/affermazione chi sono io e, insieme, sostenere e incoraggiare un’attenzione a chi non siamo. Significa cioè fare dell’esperienza della differenza e della relazione il nucleo di quei sentimenti di unicità di partecipazione capaci di salvarci dal rischio dell’uniformazione.

da exibart.com del 15 luglio 2011 




 

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