Arte povera
Storia
Il movimento nasce nell'ambito della cosiddetta arte concettuale in aperta polemica con l'arte tradizionale, della quale rifiuta tecniche e supporti per fare ricorso, appunto, a materiali "poveri" come terra, legno, ferro, stracci, plastica, scarti industriali, con l'intento di evocare le strutture originarie del linguaggio della società contemporanea dopo averne corroso abitudini e conformismi semantici. Un'altra caratteristica del lavoro degli artisti del movimento è il ricorso alla forma dell'installazione, come luogo della relazione tra opera e ambiente, e a quella dell'"azione" performativa.Germano Celant, il critico d'arte al quale si devono il nome, mutuato dal teatro di Jerzy Grotowski, e la teoria del movimento, afferma che l'arte povera si manifesta essenzialmente "nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi".
Gran parte degli artisti del gruppo – Giovanni Anselmo, Jannis Kounellis, Mario Merz, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto - manifestano un interesse esplicito per i materiali utilizzati mentre alcuni – segnatamente Alighiero Boetti e Giulio Paolini – hanno fin dall'inizio una propensione più concettuale.
L'arte povera si inserisce nel panorama della ricerca artistica dell'epoca[1] per le significative consonanze che mostra non soltanto rispetto all'arte concettuale propriamente detta, che in quegli anni vedeva sorgere l'astro di Joseph Beuys, ma anche rispetto a esperienze come pop, minimal e Land Art (Richard Long).
Il movimento artistico
Alcuni esponenti del movimento furono Giovanni Anselmo, Giuseppe Penone, Mario Ceroli, Mario Merz, Piero Gilardi, Giulio Paolini, Sergio Lombardo, Cesare Tacchi, Fabio Mauri, Michelangelo Pistoletto, Pino Pascali, Pier Paolo Calzolari, Gilberto Zorio, Luciano Fabro, Jannis Kounellis e Gino Marotta. L'obiettivo di questi artisti era quello di superare l'idea tradizionale secondo cui l'opera d'arte occupa un livello di realtà sovratemporale e trascendente. Per questo motivo risulta importante la provocazione che deriva dall'opera di Giovanni Anselmo Scultura che mangia (1968, collezione Sonnabend, New York), formata da due blocchi di pietra che schiacciano un cespo di lattuga, vegetale il cui destino inevitabile è quello di deperire. Frequente è l'uso di oggetti viventi, come in Kounellis, il quale fissò un vero pappagallo su una tela dipinta, a dimostrazione del fatto che la natura dispone di più colori di qualsiasi opera pittorica.Un'altra critica portata avanti dagli artisti dell'Arte Povera fu quella contro la concezione dell'unicità ed irripetibilità dell'opera d'arte: Mimesis, di Paolini, consiste in due identici calchi di gesso rappresentanti una scultura dell'età classica, posti l'uno di fronte all'altro con lo scopo di fingere una conversazione.
Durante la guerra del Vietnam, l'Arte Povera si avvicinò ai movimenti di protesta a sfavore dell'intervento degli USA: l'opera Vietnam di Pistoletto (1965, collezione Menil, Houston) raffigura un gruppo di manifestanti pacifisti, rappresentati con delle sagome fissate ad uno specchio, in modo tale che i visitatori della galleria si riflettessero in esso. Così facendo, la gente diventava parte integrante dell'opera stessa, venendosi a creare una sorta di interazione tra la creazione artistica ed il pubblico spettatore.
L'attenzione agli stili di vita delle molteplici culture diverse da quella occidentale è presente nelle opere di Merz: i suoi tanti igloo, creati con differenti materiali (ad esempio metallo, vetro, legno, etc.), puntualizzano la capacità di adattamento di un popolo al suo determinato ambiente.
La natura è un altro dei temi trattati da diversi artisti, come Marotta e Gilardi (Orto, 1967), una natura, però, rivisitata in chiave artificiale, come per attualizzare la materia e renderla più vicina ad un sentimento di cambiamento epocale che coinvolge l'uomo e la sua percezione del mondo. Percezione che è resa incerta nei quadri specchianti di Pistoletto, che si aprono letteralmente al mondo assorbendo tutto ciò che vi si trova di fronte e cambiando al variare dell'ambiente che li contiene.
Al contrario di questi, gli "schermi" privi di immagine con i quali Mauri riproduce il telone cinematografico e che influenzeranno i primi lavori di Mario Schifano. Tuttavia le sue creazioni si aprono, talvolta, sulla realtà quotidiana più popolare (Casetta Objects Achetés, 1960), o sugli avvenimenti di cronaca più impressionanti (La luna, 1968), che lo porteranno a sviluppare una profonda riflessione su arte e storia.
Molti artisti lavorano sull'idea di un'immagine stereotipata, come Ceroli (Si/No, 1963), che tratta in modo seriale silhoutte prese dalla storia dell'arte, o insiemi di figure umane moltiplicate o serializzate con una tecnica che ricorda il bricolage. Sono considerati stereotipi anche i "gesti tipici" di Lombardo (Gesti tipici-Kennedy e Fanfani, 1963), i ricalchi di immagini di Mambor o le scene da rotocalco o di quadri famosi rivisitate in stoffa variopinta da Tacchi (Quadro per un mito, 1965).
Bibliografia
- Giovanni Lista, Arte povera, 5 Continents Editions 2006
- Francesco Poli, Minimalismo, Arte Povera, Arte Concettuale, Laterza 2002
- Mirella Bandini, 1972 arte povera a Torino, Allemandi 2002
- Germano Celant, Arte dall'Italia, Feltrinelli 1988
- Adachiara Zevi, Peripezie del dopoguerra nell'arte italiana, Einaudi 2005
Sull'Arte povera si veda inoltre la scheda sottostante
Movimento artistico nato in Italia, tra Roma e Torino, intorno al 1966.
In generale riconducibile all'ambito dell'arte concettuale, si distingue per il rifiuto di mezzi espressivi tradizionali (pittura, scultura) e l'impiego, viceversa, di materiali «non artistici», «poveri» appunto, sia naturali e organici sia industriali (legno, pietra, terra, vegetali, stracci, plastiche, neon, scarti industriali), assunti nella loro espressività primaria e immediatezza sensoriale e spesso proposti sotto forma di installazioni in stretto rapporto con l'ambiente o con «azioni» dell'artista.
Secondo il suo primo e principale teorico, Germano Celant, che mutuò il termine dal teatro di J. Grotowski, l'Arte Povera consiste essenzialmente «nel ridurre ai minimi termini, nell'impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi».
Nell'atteggiamento di negazione e dissacratorio dell'arte povera c'è in realtà una volontà di fondo indistruttibile e poetica di riappropriarsi di valori primari come il senso della terra, della natura, dell'energia pura, della storia dell'uomo. Pur nel contesto estremamente politicizzato degli anni '60 l'arte povera appare tuttavia distante dai problemi politici ed economici delle masse nella stessa misura in cui rifiuta ogni inserimento (dell'arte come dei suoi destinatari, le masse) nel sistema e quindi qualsiasi trasformazione di quest'ultimo, ma ne propugna un radicale ribaltamento più vicino all'utopia che al riformismo. La volontà di portare l'arte alle masse si unisce con quella di aprire meccanismi mentali liberatori nei fruitori dell'arte soprattutto attraverso l'uso dello scarto, dell'intuizione ovvia ma impensabile nell'ordine prestabilito di abitudini e comportamenti sociali e personali. Il risultato è un linguaggio per lo più criptico, limpido ed evidente solo per chi come l'artista e il critico possiede la "chiave" per accedere alla dimensione diversa, libera e poetica, della speculazione, dell'approfondimento dei valori dello spirito e delle verità insite nell'arte.
Ne sono stati esponenti Giovanni Anselmo, Alghiero Boetti, Pier Paolo Calzolari, Luciano Fabro, Piero Gilardi, Jannis Kounellis, Marsa e Mario Merz, Pino Pascali, Giulio Paolini, Giuseppe Penone, Michelangelo Pistoletto, Gilberto Zorio.
Pur distinguendosi ciascun artista per una propria e originale poetica, molti degli esponenti dell'Arte Povera sono accomunati dall'interesse per la dimensione energetica e vitale dei materiali.
Pino Pascali (1935-1968), che nel brevissimo arco di tempo della sua produzione giunge a vertici altissimi di sintesi poetica e con istintiva felicità creativa e assoluta coerenza attua una totale presa di coscienza della necessità di recupero dei valori primari dell'esistenza e nello stesso tempo di sottrazione dell'arte al gioco della mercificazione. Esemplari sono le opere che presentano riferimenti a elementi naturali come il mare o la serie degli animali che realizza con materiali tecnologici spaesanti anche per la tecnica esecutiva a metà tra il modellismo e la simulazione ludica. Si afferma la assoluta arbitrarietà dell'agire dell'artista nei confronti di tutto un sistema economico-sociale fondato sul possesso e l'accrescimento del possesso: servirsi di setole acriliche non per fabbricare scope e spazzolini ma bruchi giganti, significa evidentemente ingannare contemporaneamente la natura con l'industria e l'industria con la natura.
Pino Pascali: Mare (1967)
Jannis Kounellis: Senza titolo (1980)
Gilberto Zorio: Stella per purificare le parole ( in pelle, legno, acciaio, corda, 1978)
Mario Merz - Chiaro oscuro (neon, fascine, struttura metallica, vetro, 1983)
Giulio Paolini - Giovane che guarda Lorenzo Lotto 1967
da http://www.scultura-italiana.com/
E' inoltre necessario ascoltare una registrazione e vedere qui di seguito due video sull'analogo tema.
Radio 3 podcast tratto dalla trasmissione del 14 luglio "Tre colori "Elena del Drago racconta L'arte povera"
Nessun commento:
Posta un commento