martedì 1 novembre 2011

Nicola Emery, Distruzione e progetto. L'architettura promessa.

Un libro per comprendere un altro aspetto della crisi della nostra epoca.

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In questi giorni è uscito il libreria un testo sull'architettura attraverso il quale si vuole parlare della crisi della nostra epoca (Nicola Emery, Distruzione e progetto, Edizioni Marinotti, pp. 317, euro 29.00). Per illustrare questo libro mi servo della bella recensione di Raoul Bruni apparsa sul supplemento de il manifesto "Alias" del 29 ottobre. Emery sottolinea come, a partire dall'inizio del secolo scorso, il progetto architettonico, alleandosi con le forze economiche, abbia contribuito a stravolgere l'ambiente e la sua morfologia. L'architettura moderna, secondo l'autore, a partire daglii inizi del '900, ha fatto proprio uno degli assunti della modernità, secondo la quale la techne, da mezzo è divenuto fine, smarrendo ogni senso del limite, dove l'uomo perdendo il senso delle finalità dei mezzi impiegati, perde la capacità di impiegarli per se stesso, finendo quindi asservito ad essi. Secondo Raoul Bruni, il fatto che Emery abbia voluto sottolineare come già Marx avesse avvertito tale pericolo, risulta strumentale al pensiero del filosofo tedesco, in quanto "...ritiene che le problematiche che funestano l'etica dell'architettura, trasformando quest'ultima in strumento di distruzione, siano intrinsecamente collegate all'invasività dell'economia del tecno-capitalismo contemporaneo". La filosofia della distruzione creatrice sembra essere intrinseca a quel capitalismo che trae vantaggio da ogni crisi per cambiare e rigenerarsi dall'interno, distruggendo e ricreando senza tregua nuove strutture e valori economici. Emery nota come in ambito economico siano stata seguiti i medesimi passi, vale a dire la necessità di una negazione del passato, delle strutture preesistenti perchè possa realizzarsi il progetto, la costruzione, citando, tra i tanti, i nomi di Le Corbusier e Rem Koolhaas. 
Emery propone allora l'adozione di una via alternativa a tale processo distruttivo, che abbia al centro la prudenza e la saggezza come argine al devastante sfruttamento attuato anche con il concorso della moderna progettualità architettonica. Egli indica quindi alcuni esempi tratti dal Novecento, come Rudolph Schwarz e i suoi progetti improntati ad una sorta di moralità architettonica, indipendente dalle imposizioni della  techne, oppure di Kurt Schwitters e sulle sue idee di riutilizzo e reimpiego di materiali di scarto, vale a dire su un concetto di architettura più modesta e rispettosa, di attenta trasformazione dell'esistente rispetto alla radicale progettualità ex novo della modernità.
Vi lascio due link interessanti, un'intervista e una prossima presentazione del libro, per chi fosse interessato al tema poichè non è possibile rimandarvi direttamente alla Rete per la recensione di Raoul Bruni.

Vince 

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